L'EPOCA CONTEMPORANEA - I GIARDINI DEL NOSTRO TEMPO
La storia dei giardini contemporanei si lega imprescindibilmente ai due elementi che in essa si contrappongono e diventano complementari: la città e il paesaggio.
Nel dibattito urbanistico moderno la questione dei parchi pubblici va decadendo per lasciare spazio al verde diffuso, in ottemperanza agli standard urbanistici. Spesso si tratta di spazio anonimo, senza vere qualità, se non quella di non essere costruito. Il progetto degli spazi verdi viene realizzato in conseguenza alla pianificazione urbana, colma i vuoti tra gli edifici, ma perde la sua riconoscibilità formale.
Lo stesso Le Corbusier sostiene proprio il verde diffuso come sostegno per la città moderna: nei suoi progetti per la Ville verte e per la Ville radieuse propone una città in cui l'architettura si sviluppa in altezza per lasciare più vasti spazi liberi e verdi intorno. Questi spazi sono funzionali, al pari dell'architettura, e sono utilizzati come luogo di ricreazione fisica ed emotiva, però manca nei suoi progetti una caratterizzazione forte di questi spazi verdi. Il loro ruolo è più utile che estetico, è questa l'attenzione maggiore dell'architetto. Non sono delle forme progettate ben definite. Sintomatico l'episodio raccontato da Russel Page, che va a trovare Le Corbusier nella sua abitazione presso il Bois de Boulogne, a Parigi, all'ultimo piano, dove trova un giardino pensile formato esclusivamente da una vasca di terra su cui venti e uccelli decidono quali semi portare e far crescere.
Sul fronte del paesaggio, nella nostra epoca il rapporto con esso si è complessificato al punto che George Jellicoe già nel 1975 ipotizza che l'architettura di paesaggio diventerà la più completa di tutte le arti, adducendo due motivi principali.
Il primo è il principio dell'ecologia, secondo cui l'equilibrio della natura nella biosfera è stato modificato pesantemente dall'attività dell'uomo, che si è reso conto che la natura non è più un immenso serbatoio da cui attingere materiale ed energia, ma una risorsa che va preservata anche per le generazioni future. Per ristabilire questo equilibrio l'uomo deve intervenire e condizionare le proprie azioni, agendo nell'ottica dello sviluppo di una pianificazione ecologica globale, in cui l'uomo stesso si sente parte della natura alla pari di qualsiasi altro animale.
Il secondo motivo, è dato dal desiderio delluomo di elevarsi al di sopra dell'animale, che lo porta a creare intorno a sé un ambiente nel quale progetta le sue idee astratte: da qui si sviluppa l'arte del paesaggio, mai come prima d'ora.
Tra gli anni '60 e '70 si fa luce un movimento di avanguardia, detto Land Art, che si allontana dalla città e dal giardino per intervenire direttamente sul paesaggio, per creare nuovi paesaggi come opere d'arte, dove l'opera non è più solo un oggetto da osservare ma è un luogo da percorrere, un percorso di progetto narrativo. Sono installazioni dove la visione dell'arte richiede distanza e contemplazione, come nelle realizzazioni di Christo, Walter de Maria, Robert Smithson. Fondamentale è il valore dell'esperienza. A volte sono installazione temporanee, come quelle di Christo, e allora la funzione della fotografia è fondamentale. Concretizzano l'idea di un paesaggio che esiste solo in funzione dell'uomo che lo guarda.
Ne risulta l'importanza del tema del tempo, centrale nella progettazione del parco contemporaneo.
Il tempo del movimento, in cui lo spettatore percorre lo spazio: può essere un percorso oppure la fruizione di momenti indipendenti e privi di connessione.
Il tempo stagionale della trasformazione della vita vegetale, del completo accrescimento degli alberi, che è oggetto centrale della progettazione di alcuni artefici, come Gilles Clément con il suo giardino in movimento.
Ne risultano due atteggiamenti fondamentali: quello dei progettisti che cercano l'opera compiuta, il continuo mantenimento del manufatto sempre uguale a sé stesso, e quello ecologico-evolutivo, in cui il proceso temporale è il tema principale, la chiave di lettura dell'opera.
Il parco della Villette a Parigi si è posto programmaticamente come modello per il parco del XXI secolo, anche se il risultato ha fatto discutere. Nato da un'operazione di rinnovo urbano partita nel 1983, il Piano per l'Aménegemant de l'est de Paris, nel contesto di progetti di riuso di aree più o meno difficili collegati a piani di sviluppo residenziale, il parco si è posto come centro del nuovo insediamento.
L'intenzione è stata di riproporre il parco come elemento di qualità dello spazio urbano, ma l'ambizione era di proporre il "parco del futuro", attraverso l'innovazione e il pluralismo culturale, un vero e proprio strumento culturale allaria aperta.
Forse proprio il pluralismo dei modelli per i parchi contemporanei è ciò che maggiormente li caratterizza. Troppo recenti per essere già storicizzati, ognuno si propone a suo modo con una carica innovativa che affonda comunque le radici in un'esigenza umana antichissima, e crea luoghi sempre diversi da scoprire e da cui lasciarsi affascinare.