NATURA E ARTIFICIO
by Fiorella Rabellino
piccoli saggi sulla storia dei
GIARDINI
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Non lontano da Viterbo, luogo favorito per la residenza estiva dai vescovi di questa città, la proprietà di Bagnaia si configura alla fine del XV secolo come il "barco", cioè un territorio recintato per la caccia, del cardinale Raffaele Riario, nipote di Sisto IV. Nel 1523 Niccolò Ridolfi fa costruire un primo casino di caccia e l'acquedotto, opera di Tommaso Ghinucci, ma è solo dal 1566, con il vescovato del cardinale Francesco Gambara, segretario del papa Giulio III ed amico di Alessandro Farnese, che ha inizio la trasformazione della residenza di Bagnaia in uno dei giardini più affascinanti e meglio conservati frutto dell'arte del manierismo italiano. Per il progetto si cita il nome di Jacopo Barozzi da Vignola, impegnato nello stesso periodo nel palazzo dei Farnese a Caprarola, anche se non si è ancora potuta precisare la portata effettiva del suo intervento. La straordinaria particolarità di questa residenza è insita nella predominanza del giardino rispetto all'opera architettonica: infatti la residenza si sdoppia in due piccoli edifici gemelli (anche se costruiti in tempi diversi) simmetrici rispetto all'asse centrale del giardino, che domina l'intera composizione attraverso il percorso d'acqua. L'acqua nasce, scorre, si nasconde e riappare in svariate forme, in un susseguirsi di fontane che danno corpo ad un percorso simbolico, dall'alto verso il basso: a partire dalla fonte del Diluvio, posta sulla sommità a segnare il passaggio tra il bosco "selvatico" che rimanda ad una primigenia età dell'oro in cui l'uomo viveva in perfetta armonia con la natura, e l'età della ragione (o di Giove) nella quale, dopo il diluvio universale, l'uomo si trova a lottare con le sue forze per dominare quella natura stessa. Passando attraverso due logge - le case delle Muse, ovvero le due sommità del monte Parnaso dove sbarcarono Deucalione e Pirra - l'acqua zampilla nella fontana dei Delfini - in cui leggiamo il regno di Nettuno, il mare che circondava e inghiottiva tutta la terra durante il Diluvio - poi scende tumultuosa attraverso la catena d'acqua, formata dall'avvolgersi e concatenarsi delle chele di un gambero, verso la fontana dei Giganti, personificazioni dei fiumi Arno e Tevere, per acquetarsi nella tavola di pietra o "tavola del cardinale" - un raffinato gioco di trasparenza per formare una tovaglia cristallina. L'acqua torna vivacemente nella fontana detta dei "lumini" dove si spezza in mille zampilli simili a fiammelle di candele d'argento, per fermarsi infine nel parterre d'acqua, diviso in quattro parti da altrettanti ponti, dove il modulo quadrato si ripete nei compartimenti del giardino circostante.
Villa Lante, incisione di E. Dupérac, 1573
Villa Lante, affresco nella palazzina Gambara, XVI sec.
Una delle due palazzine gemelle.
Lo stemma della famiglia Gambara
La fontana dei Fiumi
La Tavola del Cardinale
La tavola del Cardinale e vista verso la valle
La catena d'acqua
Dettaglio di una fontana
Il parterre.
La fontana dei Mori
La fontana dei Mori
La fontana del Pegaso
VILLA LANTE, BAGNAIA
Viterbo, Lazio, 1566
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